Domani si vota. Il voto è sempre un momento importante, anche quando la campagna elettorale è breve e un po’ bruttina. Sono state settimane intense, pienissime. Io ho voluto stare sul pezzo, con non poche difficoltà ho seguito gli sviluppi ma, soprattutto, non ho potuto fare a meno di concentrarmi su un aspetto importante della competizione politica: la comunicazione
In ogni campagna elettorale la comunicazione è la parte più affascinante, per chi la fa di mestiere e per chi la subisce. Giornalisti e comunicatori sono chiamati a sfide seriamente interessanti. C’è chi segue la campagna elettorale come cronista e chi come ufficio stampa. I primi sono costretti a stare sul pezzo, a tenere testa alle continue evoluzioni di movimenti e partiti, a lavorare in redazioni in fermento o a cercare la notizia perfetta, percependo anche gli umori degli elettori: raccontare tutto questo è affascinante quanto complesso.
I secondi, invece, subiscono ritmi da manicomio, girano città e province perdendo facilmente il senso dell’orientamento ma mai la lucidità necessaria per star dietro alla parte o al politico da seguire. L’ufficio stampa in campagna elettorale ha un ruolo cruciale, contribuisce in maniera pregnante alle scelte sul come e cosa comunicare ogni idea. Spesso ha l’arduo compito di suggerire al politico cosa dire e quando, su cosa concentrarsi e come farlo nel migliore dei modi. A questo accosta le fondamentali capacità di fare pubbliche relazioni e far fare, all’interno e all’esterno di ogni evento, la miglior figura possibile alla parte che rappresenta.
Ovviamente negli ultimi anni alla figura del giornalista che si occupa della redazione dei comunicati stampa e della cura di discorsi e testi si sono aggiunte le fondamentali figure di esperti di social media e comunicazione digitale. La comunicazione politica è molto spesso un team di esperti che, quindi, cura ogni dettaglio dei messaggi da trasmettere. Mai come in campagna elettorale viene fuori l’importanza del come si trasmette un contenuto, sperando sempre che i contenuti ci siano e siano validi.
La comunicazione politica, quindi, è tra le cose più complesse da fare. Colma di responsabilità, può condizionare il voto molto più di quanto si pensi.
Dall’altro lato ci sono gli elettori, quelli che subiscono la politica e, in toto, la sua comunicazione. Per loro quel che fa la comunicazione politica, perlopiù inconsapevolmente, è sempre fondamentale. Le scelte comunicative di ogni parte politica e ogni candidato sono importanti perché determinano molto il modo in cui ogni elettore, anche il più fedele, farà la sua scelta. Bombardati da notizie, post social, telegiornali e messaggini: durante la campagna elettorale gli elettori hanno bisogno di capire, scegliere e ascoltare senza confusione. Dal modo in cui si vota, passando per la conoscenza di idee, partiti e candidati, tutto viene detto all’esterno solo ed esclusivamente tramite i mezzi di comunicazione. Senza quelli i politici non avrebbero mezzi di espressione.
In queste settimane concitate ne abbiamo subiti di contenuti urlati, ne abbiamo presa di comunicazione. Farne un sunto risulta impossibile, ma ad un giorno da un voto che potrebbe portare cambiamenti importanti per il nostro futuro e il nostro paese è quasi necessario tirare le somme. I politici, in questa campagna elettorale, si sono dimostrati poco all’altezza della comunicazione contemporanea. Di contro, la comunicazione ha saputo tener testa all’evoluzione politica solo in parte.
Quel che viene fuori da questa breve e intensissima campagna elettorale è infatti un paese in cui la comunicazione è ancora considerata secondaria, improvvisabile e non determinante.
La comunicazione delle parti politiche è andata più o meno così:
- Abbiamo potuto toccare con mano campagne di comunicazione poco efficaci – vedi PD – che hanno messo in evidenza quanto si tenda a cercare agenzie cui dare soldi e poche idee nella convinzione che queste due cose possano spostare i voti. Molti, quindi, hanno potuto ragionare su quanto invece sarebbe stato utile per i partiti, quanto per i singoli personaggi politici, circondarsi di esperti, anche più giovani e meno costosi magari, con cui dialogare, a cui far comprendere le loro idee e che avrebbero potuto seriamente aiutarli.
- I politici hanno scelto, all’improvviso e a poche settimane dalle elezioni, che sarebbe stata necessaria la loro presenza su tutti i social media, compresi i più nuovi e giovani. Chi sa se consigliati da qualcuno o guidati dalla convinzione di saper comunicare, hanno scelto di sbarcare su instagram e Tik Tok (state pensando a Berlusconi e fate bene, ma anche gli altri non sono da meno). Ne è venuta fuori una comunicazione tra il comico e il grottesco, che forse mai è arrivata agli under 20 e continua a far sorridere – di un riso amaro chiaramente – gli over 25. Come qualche bravo giornalista ci ha spiegato in questi giorni, la comunicazione sui nuovi mezzi di comunicazione è più che importante per un politico, ma ha senso se fatta nel modo giusto, sempre e non solo in campagna elettorale e, soprattutto, con qualcosa da dire. I nostri politici, invece, sono ancora certi che i social siano un cumulo di frasette in tendenza che, per qualche oscura ragione, si trasformeranno in voti.
- I confronti sono stati degni di una qualsiasi puntata del Grande Fratello. Sfottò, meme, uscite infelici e comiche hanno contraddistinto un dibattito politico che si è rivelato svilente del significato stesso della politica. Che nell’era dei social molto possa trasformarsi in meme e vignetta ci sta, che i politici se ne compiacciano senza mai accostare a un meme il contenuto è probabilmente una cosa molto grave.
- Pochi – direi nessuno, ma mi mantengo – hanno pensato che sarebbe stato opportuno utilizzare gli esperti in comunicazione per capire come comunicare con ogni fascia d’età. Gli argomenti di una campagna elettorale sono tantissimi e non tutti interessano ogni cittadino. Se le scelte sulla guerra in Ucraina riguardano tutti, va da sè che la questione pensioni attirerà l’attenzione di una fascia d’età e la formazione un’altra. Ogni intervento, invece, è stato un mix di argomenti, con gli stessi toni – urlati? – per ogni cosa. E se si fosse scelto di far comprendere a ciascuna fascia d’età, nel modo comunicativamente più consono, a cosa la politica sta pensando per lei? Siamo ancora troppo lontani dalla scelta saggia di studiare l’utenza per azzeccare la comunicazione, ahinoi.
- I contenuti, sono decisamente mancati i contenuti.
I media hanno trattato la politica e la campagna elettorale più o meno così:
- La tv di stato, la televisione in genere e i media cartacei si sono confermati faziosi e forse anche poco chiari. Hanno prestato il fianco ad una comunicazione urlata, di base pronta a favorire quel dibattito televisione che ancora tira ma che forse comincia ad essere poco funzionale e mai corretto nei confronti di chi vorrebbe davvero comprendere come e chi sostenere. Ho seguito poco questi media, sono sincera. Sicuramente eccezioni ce ne sono, qualche buon giornalista non ci manca. Ma non mi sento di segnalare grandi eccezioni positive.
- I media online hanno reagito – e agito – meglio. La testata che ha raccontato e seguito meglio la campagna elettorale è il Post. Con articoli dettagliati e quotidiani e una newsletter giornaliera, questo giornale è stato capace di raccontarci davvero i dettagli della campagna, senza mai perdersi o far trasparire giudizi di parte. Hanno spiegato bene – e non è secondario – la legge elettorale, molto meglio di quanto abbia fatto, per paradosso, mamma Rai. Hanno raccontato tutto, davvero tutto. Hanno fatto quel che deve fare l’informazione: darci tutti gli strumenti per scegliere davvero.
- Will Media: questo è stato ed è invece il canale che meglio di tutti utilizza i nuovi media – social in primis, ma anche podcast e video – per raccontare la campagna elettorale arrivando ai più giovani. Il loro lavoro è stato impeccabile, anche in questa occasione hanno capito come comunicare tutto ciò che andava raccontato. Nota di merito ulteriore: le interviste video ai leader politici. Veloci, chiare, semplici e dritte al punto: tutto quello di cui hanno bisogno i giovani e il modo giusto, in assoluto, di comunicare oggi.
- Influencer: hanno fatto bene e meglio dei politici probabilmente. Sono stati criticati, ma sempre e solo perchè ci si è scordati che loro comunicano ma non sono esperti di comunicazione. Dicono cose come potremmo dirle tutti, non hanno obblighi. Non ve lo dimenticate, gli unici che devono seguire delle regole sono i giornalisti.
- I giornalisti degni di nota sono sui social: è lì che troviamo, ora come ora, i migliori nel campo della comunicazione politica. Tornando a Will posso pensare a Francesco Oggiano, ma anche a Lorenzo Pregliasco che ci spiega i sondaggi come nessuno fa. Le professionalità della comunicazione non sono solo sui mezzi tradizionali, sono anche sui nuovi perchè ora la comunicazione è anche e soprattutto lì.
Queste sono solo alcune delle molte considerazioni che oggi si potrebbero fare. Quel che è certo è che oggi siamo qui, in un paese che ancora non ha compreso quanto importante sia la comunicazione e che politicamente zoppica un bel po’. Alla vigilia del voto che ce ne facciamo di tutto questo? Ci sta chiederselo, ma io forse una mezza risposta ce l’ho.
Alla vigilia di un voto possiamo raccogliere consapevolezze: sapere che abbiamo il dovere di fare la nostra parte per dare lustro e importanza alla comunicazione; che dobbiamo lo stesso votare per andare nella direzione migliore e non perdere un sacrosanto diritto; che abbiamo il dovere di fare sempre, perchè con le lamentele non si costruisce nulla. Sosteniamo chi pensiamo abbia giuste idee, chi lavora nel modo giusto e chi crede che tutto questo conti qualcosa.
Domani troppi, tra studenti fuori sede, malati e persone che non risultano in elenchi per cambi di residenza, non potranno votare. Noi voteremo anche per loro, in un paese che, vittima dell’assurdo, ha bisogno di ripartire da zero.