Perchè la cultura in streaming è una cultura a metà

Facciamo un gioco: proviamo ad immaginare di poter andare a teatro a vedere uno spettacolo. Proprio oggi, sediamoci ed immaginiamo tutto dall’inizio:

Vedo la pubblicità di uno spettacolo teatrale, mi piacciono gli attori e anche la trama sembra niente male; chiamo due amici e decidiamo di prendere i biglietti. Arriva il giorno dello spettacolo, quindi la sera, tornata da lavoro, mi vesto, scendo con i due amici e ci fermiamo per una birra e due noccioline al bar di fronte il teatro. Arriva l’ora dell’apertura delle porte: siamo in fila ed incontriamo altri due amici. Assurdo: abbiano i posti prenotati nello stesso nostro palco! Entriamo, troviamo la nostra fila pensando “aah che bello l’odore del teatro e, toh, hanno rifatto le poltrone e sono davvero comode!”, dopo qualche minuto e l’avviso di spegnimento cellulari lo spettacolo inizia. Entrano i primi attori, cominciano a muoversi e a parlare. Dal nostro posto si vede che uno dei due è impacciato, forse è agli esordi considerata l’età, ma la sua voce arriva forte e chiara, capiamo tutte le sue parole. Dopo poco entra in scena l’attore famoso che ci piace da sempre: finalmente lo vediamo dal vivo, è emozionante e quando parla la sua voce è forte e profonda. Fa un monologo e ci commuoviamo, sembra che il resto del mondo e i nostri problemi non esistano: siamo nella storia, viviamo male l’abbandono che questo personaggio ci racconta, ci emozioniamo con lui per il bacio che finalmente dà. Finisce lo spettacolo, cala il sipario e poi si rialza: gli attori sono lì, tutti in fila e si inchinano. Applaudiamo, forte. Quando il nostro attore famoso, che dopo oggi ci piacerà ancora di più, fa un passo avanti, ci alziamo in piedi per dimostrargli quanto ci sia piaciuto, poi fa un passo avanti anche l’attrice che lo ha baciato, non la conoscevamo ma ora sappiamo il suo nome e la sua bravura merita lo stesso vigore di battimani. Usciamo dal teatro contenti, commentiamo con i nostri amici e anche con i vicini di palco. Decidiamo di andare a mangiare una pizza tutti assieme, non prima di aver strappato una stretta di mano agli attori che, nel foyer, sono scesi a godere dei meritati complimenti. Torniamo a casa e “aah che bella serata, domani consiglierò lo spettacolo in ufficio, la mia amica deve assolutamente vederlo!”

Immaginiamo, ora, di avere a disposizione una piattaforma digitale su cui poter guardare lo stesso spettacolo. Immaginiamo la serata:

Apro la piattaforma – in salotto perchè in camera la connessione fa bloccare tutto mannaggia alla pupazza – e scelgo lo spettacolo. Lo apro e inizia, non si sente benissimo quindi alzo il volume. Mentre guardo sento la notifica di what’s app, prendo il telefono e rispondo dicendo che sto guardando una cosa quindi magari ci sentiamo dopo ma intanto credo di aver perso un paio di battute, torno indietro ma, uffa, è andato troppo indietro e mi ribecco le battute che avevo già sentito. Quell’attore che mi piace continua a piacermi come mi era piaciuto nel film in cui l’ho conosciuto, gli altri non li conosco ma ne noto solo uno. Alla fine lo spettacolo mi è piaciuto, chiudo la piattaforma e ripredo il telefono: con un messaggio consiglio la visione, la storia è molto carina e se capita vedetelo (“vi passo le mie credenziali così non pagate”). Fine.

Proviamo ancora, questa volta immaginando un concerto, magari quello del nostro cantante preferito:

Giorno del concerto dal vivo: é sabato, finalmente un sabato diverso. Parto da casa con tre amici, abbiamo preparato dei panini troppo pieni di roba ma ci serve energia e ce li spazzoliamo già in macchina. C’è il sole, il clima è perfetto e spariamo la musica a palla, la scusa è dover ripassare le canzoni prima del concerto. Siamo in quattro e già ridiamo molto, dopo un ‘ora e mezzo siamo nella città del concerto e cerchiamo la strada per lo stadio. “Capooo è di qua, c’è il parcheggio” ci dice un tipo in tuta e pettorina gialla, lasciamo la macchina e ci mettiamo in fila per entrare. Mentre aspettiamo l’apertura delle porte conosciamo un gruppo di cinque ragazzi, vengono anche loro da fuori e ci offrono delle patatine, loro sono più prudenti e di panini ne hanno portati di più. Dopo qualche minuto già sono pronti a dividerli con noi, intanto partono le congetture sulla scaletta: “secondo voi le canta le primissime?”, “A voi è piaciuto l’ultimo album?”. Avanti così, intanto entriamo e troviamo un posto, siamo abbastanza vicini al palco e non resta che aspettare. Nel frattempo si alternano sul palco gruppi di apertura, distrattamente li ascoltiamo ma ci sono un paio di canzoni che attirano la nostra attenzione. Cerchiamo il nome del gruppo su instagram e iniziamo a seguirlo, da domani lo inseriamo in playlist spotify e chi sa, scopriremo musica sempre più figa. Quando inizia il concerto siamo già un po’ stanchini ma ce ne dimentichiamo subito: finalmente possiamo urlare, anche se il cantante dal vivo è meno bello ma più magro. La sua voce è potente, meno impostata e più coinvolgente dal vivo. Lui balla, canta, si diverte e noi con lui. Ci abbracciamo, uno di quelli che abbiamo conosciuto canta con me e chi sa che non stia nascendo qualcosa, piangiamo per quella maledetta canzone che ci emoziona da sempre, ne ascoltiamo una cui non avevamo mai fatto attenzione. Poi il cantante lancia il suo cappello tra la folla, lo prende il mio amico e lui ci saluta: stiamo condividendo un momento bellissimo, tra di noi e con lui. Alla fine del concerto lui si inchina, ci ringrazia, noi abbiamo perso la voce ma applaudendo gli chiediamo un ultimo bis. Lo fa, ci saluta così: lasciandoci sudati ma con una serata da ricordare. Quello che si è avvicinato prima mi ha chiesto il numero, magari ci si sente…

Stesso concerto, ma in streaming:

Apriamo la piattaforma, stasera in tv non c’è proprio nulla e magari ascoltiamo un po’ di musica. Scegliamo il concerto che non abbiamo potuto vedere dal vivo, lo ascoltiamo perchè queste canzoni ci piacciono. Cantiamo e pensiamo “aah, però che bello sarebbe essere lì, sotto il palco”. Il concerto è bello, magari questa canzone nuova poi la risento. Finisce e chiudiamo il pc. Apriamo un libro e magari ci viene sonno tra poco.

Ultima fase del gioco:

Immaginiamo ora – insomma, non c’è bisogno di immaginare purtroppo – di non poter uscire. Apriamo il pc in cerca di qualcosa da fare e su una pagina Facebook leggiamo la didascalia di un video. Due attori si cimentano nella lettura casalinga di Shakespeare, il video si apre e “cavolo, sono bravi! Non me le ricordavo proprio queste parole così belle, sembrano scritte ieri per quanto sono attuali!”. Più tardi ci invitano in un gruppo virtuale, qui scrittori, attori e artisti si collegano in diretta e ci raccontano storie, ci tengono compagnia. Intanto, una casa editrice ci ha regalato ben due libri in digitale. Questa giornata in casa è stata pesante, ma almeno piena di cose belle.

In queste settimane di lockdown si è capita fino in fondo la potenzialità enorme del web per la diffusione dei contenuti culturali, c’è stato un esplodere di creatività.

Queste parole, pronunciate dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini sono verissime. In questo momento a dir poco complesso, che all’inizio abbiamo affrontato scacciando la paura con canti al balcone e tanto pane casalingo ma che ora ci fa sentire disillusi e preoccupati, il web è la nostra unica certezza. Con il web possiamo lavorare, grazie al web siamo in contatto con parenti ed amici ma, soprattutto, con il web riempiamo le nostre serate e i momenti di noia con intrattenimenti di ogni genere. Guardiamo più film perchè le piattaforme sono tante – in promozione o gratuite -, leggiamo più libri grazie alla grandiosità delle case editrici e alla solidarietà digitale, abbiamo a disposizione milioni di dirette, contenuti social e stimoli da parte di attori, ballerini, cantanti e professionalità di vario genere. Da fruitori, una cosa è certa: non abbiamo modo di annoiarci o rimanere a secco di cose da fare e vedere.

Ma chi c’è dall’altro lato, chi quei contenuti li crea cosa pensa? Come sta vivendo questo momento? Per un artista, come per uno scrittore, una casa editrice, una piattaforma di riproduzione, mettere a disposizione, gratuitamente o a poco prezzo, il proprio servizio non è uno scherzo e chi sa se qualcuno di noi ci ha mai pensato mentre con aria affranta sceglie quel che più gli piace. Loro, quelli che lavorano per offrirci bellezza, sono stati costretti a fermarsi ma non l’hanno mai fatto davvero. Da casa, un po’ tutti, hanno trovato il modo migliore per dare ancora e sempre qualcosa. Mi viene da pensare che non siano in grado di fare altro: gli artisti senza la loro arte soffocano, ne hanno bisogno per sopravvivere – non solo a livello economico, si intende. Ha ragione il ministro, pur stando a casa la creatività è esplosa: normale conseguenza della necessità degli artisti di non implodere.

A dar spazio e lustro a questa esplosione, pur involontariamente, siamo stati noi amanti dell’arte, della musica, dello spettacolo, della danza e della cultura in genere. Noi condividiamo, guardiamo, scarichiamo, ne parliamo e ne facciamo parlare esattamente come facevamo quando quelle cose potevamo vederle dal vivo. Ma tutte queste cose sono davvero belle come quelle che viviamo senza il filtro di uno schermo?

Mettete in pausa il senso di colpa che avete provato quando ho scritto che nessuno di noi ha pensato a chi i contenuti li produce: non ci ha pensato neanche il Ministro Franceschini! Ha parlato del web e dell’esplosione di creatività, infatti, dopo aver dichiarato di star pensando alla creazione di una sorta di “Netflix della cultura”. Per farla breve, una piattaforma – privata e a pagamento – su cui inserire spettacoli, concerti e tutti i contenuti culturali cui – ora ma anche quando tutto tornerà normale – ognuno può accedere pagando.

Un’idea strana che, di fatto, porrebbe il guardare uno spettacolo in teatro e guardarlo a casa sullo stesso piano. Ripensiamo alle situazioni raccontate prima. Che dite, abbiamo provato le stesse sensazioni? Ci siamo emozionati sempre, a prescindere da dove fossimo?

No, non è lo stesso. Non lo sarà mai. Alcune, direi fondamentali, emozioni: ecco cosa manca davvero quando certa arte non la tocchiamo con mano. Ci entusiasma anche un video o una canzone ascoltata in cuffia, ma siamo sicuri sia la stessa emozione dell’averlo fatto dal vivo?

Qualcosa manca, è una cultura, un’emozione a metà. E non solo per noi, ma anche per gli attori, i cantanti, i ballerini e gli artisti. Loro, senza di noi, non sapranno mai se sono stati bravi o no, se sanno dare al pubblico quel che provano esibendosi e producendo qualcosa. Gli artisti, gli stessi di cui si è vantato il Ministro, hanno creato cose nuove e forse, in fondo, mai pensato di fare le stesse cose che facevano prima ma sul web. Mentre i fruitori di arte e cultura, sui social, mi rispondevano che in effetti la cultura in streaming è ben diversa da quella dal vivo, che gran parte dello spettacolo è il vivere lo spettacolo stesso, che la cultura online c’è e ci piace ma non sarà mai uguale a quella dal vivo, io ho chiesto a degli attori, scoprendo che le opinioni di attori a spettatori coincidono.

La dichiarazione/proposta del Ministro Franceschini denota, purtroppo, una scarsa conoscenza della realtà dello spettacolo dal vivo in Italia, – mi hanno detto alcuni attori del Teatro Nazionale di Genova, ora impegnati con un progetto online chiamato Attori in Quarantena in difficoltà già da prima di questo momento, e a grande rischio soprattutto perché in questa situazione avrebbe bisogno di soluzioni concrete che aiutino il settore a ripartire, non ad affossarlo.
Creare una “Netflix della cultura” è già di per se una proposta che denota confusione: cosa si intende per “cultura”? Anche il cinema lo è, ma quello è un settore che dovrà affrontare altri tipi di problematiche.
Il Ministro cita la musica, l’opera lirica, i concerti… che sono si spettacoli dal vivo, ma certo differenti dalla prosa.
Il nostro governo da sempre ha poco sostenuto teatri ed enti diminuendo di anno in anno le erogazioni del Fus. Creare una piattaforma che “in futuro potrà permettere alla gente di scegliere se andare a teatro o vedere gli spettacoli da casa” è un’idea che solo a chi non ha mai saputo gustare la magia dello spettacolo dal vivo può concepire.
Il Teatro è avvenimento, e non può essere filtrato dal mezzo cinematografico/televisivo che è la telecamera.
Al massimo, bisognerebbe pensare a dei contenuti diversi, di stampo televisivo ma di radice teatrale, che alzino il livello della programmazione televisiva riempiendola di cultura, e svuotandola di tv spazzatura. Lo Stato, questo può farlo, con la sua tv, che è pubblica, pagando così gli artisti per intrattenere, con qualità… e non, come propone il Ministro, tramite una piattaforma privata a pagamento.

Insomma, ora siamo a casa e forse per un bel po’ non potremo vivere quella famosa serata a teatro. Possiamo vedere e fare molte cose, diverse e interessanti. Un video degli Attori in Quarantena, l’intervista in diretta al nostro scrittore preferito, la magnificenza di Roma raccontata in tv ci fanno stare bene, ci riempiono e migliorano le giornate. Ma non possiamo, non potremo mai vivere uno spettacolo e un concerto in modo identico, nessun museo virtuale ci restituirà l’emozione di vedere dal vivo i dettagli di un Botticelli, nessuna piroetta sarà uguale da così lontano. L’esplosione del web è la nostra fortuna, ma non dimentichiamoci che certe emozioni un pc non sa darcele.

In attesa delle emozioni più forti godiamo pure di quelle che ci dà chi non si è fermato. Gli artisti sanno darci e raccontarci tanto tramite il web, sanno reinventarsi e costruire tanta nuova e diversa cultura, bella indubbiamente. Ma se qualcuno si dimenticasse di loro e, poi, di noi? Dell’importanza di quelle emozioni dal vivo? Della sensazione che provoca l’odore del teatro? Il rischio è duplice: noi perdiamo entusiasmo, loro perdono voglia e creatività. Poi siamo certi di poter star bene solo con il nostro computer?

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