Di libri e storie: Napoli in due giorni

Decidere di dedicare un week end alle proprie passioni e ad una sana boccata d’aria è sempre una scelta saggia. Quel che mi va di raccontare, dopo un paio di giorni a Napoli Città Libro, il salone del libro e dell’editoria del capoluogo partenope, non è solo un resoconto di una fiera. Penso, infatti, ne stiano apparendo molti in queste ore e un’opinioncina la lascerò anche io, ma tanto vale aggiungere altro. Andiamo con ordine.

Due giorni a Napoli sono una ventata di aria pulita per l’anima, anche se lo si fa per la centesima volta. Girare per le sue strade è sentirsi vivi, immersi nella storia, scoprire cose nuove e guardare quelle vecchie da una nuova prospettiva. La gita di questa volta è stata decisa per seguire la fiera del libro e partirò da lì, ma fortunatamente ne è venuta fuori qualche altra bella scoperta.

Napoli Città Libro, alla sua seconda edizione, ha saputo pubblicizzarsi bene. Con la canonica impostazione da salone del libro, ha lasciato pensare subito ad una bella occasione per il sud di avere una sua fiera importante, al pari del SalTo, di Bookcity ecc. Potenzialmente lo è, praticamente ci è un pò lontana. Ha ospitato molte piccole case editrici, emergenti e non. Scoprirne qualcuna è stato bello, piacevole grazie agli espositori che hanno saputo approcciare ai visitatori con il sorriso e qualche libro interessante (anche se con pochi “sconti fiera”, che potrebbero aiutare). Note positive: qualche bella presentazione, ospiti di livello e buoni autori emergenti, un evento deontologico per i sempre dimenticati giornalisti. Poco originale l’argomento, ma la presenza dell’OdG e di uno spazio dedicato alla formazione dei giornalisti in una fiera del libro non può che essere da elogiare.

Bella e d’impatto poi l’esposizione all’ingresso. Quei libri in volo come accoglienza fanno sognare e per chi entra in una fiera del libro è la cosa più importante. Quel che un pò delude, addentrandosi dopo i libri sospesi, è la poca cura del dettaglio. Il luogo è bello, stupendo e suggestivo. Ma rimane freddo (nel vero senso della parola!) e a tratti poco funzionale. Gli stands delle case editrici, che ho trovato giusto e intelligente non suddividere per categorie, risultavano però poco valorizzati. Mancava ordine e accoglienza, nonostante la gentilezza dello staff fatto di ragazzi, attivi e volenterosi suppur poco preparati su programma e info da dare. Insomma, Napoli Città Libro è stata una promessa mantenuta per metà. Mentre scrivo, leggo di una sorpresa sul numero elevato dei partecipanti e del bilancio positivo. Fa piacere, e tanto, vedere che questa è la fiera che può dimostrare che anche i lettori del sud possono essere tanti e forti. Ma la speranza è che il comitato organizzatore non si culli su questi numeri. La fiera va perfezionata sotto molti aspetti, va resa allettante per visitatori ma anche per giornalisti e blogger che hanno dovuto lavorarci su senza rete WiFi (fondamentale per uno spazio in cui rintracciare una tacca di campo è utopia!).

Insomma poteva andar meglio, ma tornare con qualche libro e qualche conoscenza in più ha sempre del positivo. Porto con me l’attenzione di un editore che, per puro caso, ha saputo consigliarmi un libro che sembra parlare di quel che porto dentro (lo leggerò e vi dirò quanto aveva ragione, promesso) e la voglia di credere in un destino che aiuta. Porto la sensazione di una vista mozzafiato, di quanto lì valga la pena prendere un kg in più, e la conoscenza di un vecchietto che vende camei, al Vomero. Sono entrata nel suo negozio per caso e, senza alcun libro che la raccontasse, è venuta fuori una storia.

A Napoli la lavorazione dei camei, dei coralli, delle pietrine bizantine e dei gusci di tartaruga è antichissima. Ne vengono fuori gioielli meravigliosi, che sanno di antico e sono all’ultima moda. L’anziano signore che ne ha parlato è allergico alla muffa, eppure ama alla follia il suo negozio aperto da oltre 150 anni che quell’allergia gliel’ha provocata. “Guarda il pavimento, non è mai stato cambiato” ha detto mentre raccontava di sè e dei suoi gioielli. Voleva dire la sua storia e quella di Napoli, con gli occhi che, dopo tutti quegli anni, brillavano ancora.

In due giorni ci si arricchisce, basta decidere di tenere gli occhi ben aperti anche su qualcosa che si pensa di conoscere già.

“C’è un modo per vedere il panorama senza dover pagare i soldi che chiedono dalla terrazza ufficiale, basta salire da dietro, non dirlo a nessuno ed è ancora più bello.” Me l’ha suggerito il vecchietto che, pensandoci, non mi ha detto il suo nome. Era solo un suggerimento, credo di volerlo portare dentro.

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